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Il gruppo e la testimonianza degli adulti

 

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L'approdo alla costruzione di un sé maturo passa per il ragazzo attraverso una ricerca a tentoni, maldestra, densa di prove ed errori, con i quali confrontarsi e dai quali imparare.
Se soltanto il gruppo dei pari è per il ragazzo contenitore e tramite della trasformazione, l'adulto, da parte sua, rinunciando a comandi e imposizioni, può testimoniare, col suo comportamento, che ci si può allontanare sapendo di trovare un sostegno nei momenti difficili e che la meta del diventare adulti può valere gli sforzi fatti per raggiungerla.

"All’adolescente è tanto difficile assumere una responsabilità, che implica una continuità nel tempo: implica cioè che l’individuo che è sul punto di fare qualcosa si senta lo stesso che era quando aveva deciso di farla, o di astenersene."
(L. e R. Grinberg)

Ogni ragazzo, mentre lascia l’infanzia per dirigersi verso la piena adolescenza, è incerto, insicuro, caotico. Ha quindi bisogno di venir contenuto dagli adulti. Chiede dei corrimani per essere indirizzato; esige sponde per potersi aggrappare in caso di bisogno; cerca protezioni provvisorie pronte a trattenerlo nei momenti di sbandamento; desidera punti di riferimento per sentirsi sostenuto nei suoi equilibri instabili; vuole freni per non precipitare nel vuoto. Ogni preadolescente necessita di barriere che, però, non lo obblighino forzatamente dentro a binari rigidi.
Agli adulti educatori viene richiesta una raffinata solidità per frenare le cadute, ma anche una sapiente attesa per sostare ai margini della vita dei ragazzi. Ai genitori e agli educatori professionali viene chiesto di guardare il ragazzo da lontano, di seguirlo con fiducia stando in disparte, ma anche di accoglierlo con pazienza nei momenti di sbandamento. I grandi assumono allora una posizione di vigile e trepidante attesa; osservano, senza interferire, come il bambino, con un improvviso strattone, si libera della sua infanzia, spinto inesorabilmente oltre da un corpo che muta e prova nuove sensazioni; lasciano transitare il piccolo dentro al gruppo dei pari che diviene il nuovo contenitore della sua esperienza formativa. Rinunciano a regolare, decidere, imporre, comandare; diventano argine per con- tenere i movimenti collettivi; custodiscono con sapienza il setting gruppale. Prestano attenzione a come i ragazzi travasino nel gruppo dei coetanei i frammenti in cui si è spezzata la loro vecchia identità infantile.
Il gruppo dei pari, infatti, accoglie e con- tiene le parti scisse di ciascun ragazzo e gliele restituisce impersonificate da un altro coetaneo. Ogni ragazzo si libera così di ciò che gli è intollerabile e, al contempo, si confronta con le parti di sé che ritrova espresse da altri. Il gruppo diventa così «teatro dell’io», luogo in cui il ragazzo vede rappresentate le sue diverse sfaccettature emotive. Tutti i comportamenti sono qui contemporaneamente in scena. Nulla è scartato. C’è sempre qualcuno che assume come proprio quello che qualcun altro proietta fuori di sé. Ogni sfumatura personale risuona nel vissuto dell’amico.

 

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Paola Scalari
è psicologa, psicoterapeuta, psicosocioanalista, docente in Psicoterapia della coppia e della famiglia alla Scuola di Specializzazione in Psicoterapia della COIRAG e di Teoria e tecnica del gruppo operativo in ARIELE psicoterapia. Docente Scuola Genitori Impresa famiglia Confartigianato.
Socia di ARIELE Associazione Italiana di Psicosocioanalisi. E’ consulente, docente, formatore e supervisore di gruppi ed équipe per enti e istituzioni dei settori sanitario, sociale, educativo e scolastico.
Cura per Armando la collana Intrecci e per la meridiana la collana Premesse… per il cambiamento sociale, ed è consulente delle riviste Animazione sociale del gruppo Abele, Conflitti del CPPP, Io e il mio Bambino, Sfera-Rizzoli group.
Nel 1988 ha fondato i "Centri età evolutiva" del Comune di Venezia per sostenere la famiglia nel suo compito di far crescere i figli e si è occupata della progettualità del servizio Infanzia Adolescenza della città di Venezia.
Insieme a Francesco Berto ha recentemente pubblicato per le edizioni La Meridiana: "Adesso basta! Ascoltami. Educare i ragazzi al rispetto delle regole." (2004), "Fuggiaschi. Adolescenti tra i banchi di scuola." (2005), "Fili spezzati. Aiutare genitori in crisi, separati e divorziati." (2006), "ConTatto. La consulenza educativa ai genitori." (2008), "Padri che amano troppo." (2009), "Mal d'amore. Relazioni familiari tra confusioni sentimentali e criticità educative." (2011), "A scuola con le emozioni - Un nuovo dialogo educativo" (2012), "Il codice psicosocioeducativo" (2013), "Parola di Bambino. Il mondo visto con i suoi occhi." (2013).

Educare è insegnare ad avere fiducia nel mondo che verrà, a investire positivamente le proprie capacità, a sognare e faticare per realizzare le proprie speranze di vita. Una scuola attiva, formativa, lo sa.
La scuola attiva e formativa è la scuola che tutti noi vorremmo avere per i nostri bambini e ragazzi ma sembra essere lontano anni luce da quello che incontriamo quotidianamente. Prevale una lamentazione diffusa: insegnanti che si lamentano della famiglia dei propri alunni, genitori che difendono tout court i figli e non sembrano comprendere la necessità di un apprendimento basato su aspetti cognitivi, cooperativi ed emotivi. Si trova tanta demotivazione e ancor più rassegnazione, al punto da creare una sorta di imprinting alla rassegnazione anche nei bambini.
Questo libro, curato da Paola Scalari e scritto da insegnanti, pedagogisti, psicologi ed educatori ha il compito da un lato di fare una fotografia critica del presente, dall'altro di proporre buone pratiche per una scuola dell'oggi e del domani. Le buone pratiche sono basate su teorie consolidate ma non ancora applicate in maniera sistematica e consapevole: Bauleo, Pagliarani, Bleger, Freinet, Milani e, per citare il mondo attuale, Canevaro e Demetrio.
Si tratta di pratiche che tengono conto della possibilità di costruire una scuola che aiuti a pensare, dialogare, dar forma. Una scuola basata sull'ascolto, su modalità cooperative, dove bambini e ragazzi possano sentirsi liberi di esprimersi ma anche di prendersi responsabilità in base alle loro competenze. Una scuola che sa mettersi in relazione con i bambini e che sa creare basi per una coesione tra adulti che condividono l'educazione dei figli e degli allievi.
A scuola con le emozioni è rivolo agli insegnanti e ai genitori, ma anche a educatori e psicologi. Com'è il mondo visto con gli occhi del bambino? E' una domanda a cui dovrebbero saper rispondere soprattutto gli educatori dei bambini (oltre che i genitori, auspicabilmente), le maestre e i maestri di vari livelli, coloro che sono impegnati a far crescere i piccoli, ad indicare loro la strada per diventare adulti, per imparare a vivere. Una bella risposta alla domanda è contenuta nel libro "Parola di bambino" scritto da Paola Scalari e Francesco Berto, edizioni la meridiana (premesse... per il cambiamento sociale). La collana, per altro, è curata dalla stessa Paola Scalari che venerdì 14 alle 18 sarà alla libreria Einaudi di Trento in piazza della Mostra.

"Il conflitto che i bambini esprimono con le loro paure richiede l'amore di tutta la nostra intelligenza", scriveva lo psicanalista Luigi Pagliarani negli anni Novanta. Fondatore e presidente di ARIELE (Associazione Italiana di Psicosocioanalisi), Pagliarani, ha lasciato una profonda traccia del suo pensiero tanto che, molti dei suoi, allievi, ora psicanalisti e psicoterapeuti, hanno costituito la Fondazione a lui dedicata (www.luigipagliarani.ch). Fra questi Carla Weber che, venerdì 14, sarà in conversazione con Paola Scalari, co-autrice del libro. Suddiviso in quattro parti, "Alfabetizzazione sentimentale" la prima, "Chiamale emozioni" la seconda, "Il legame familiare" la terza e "Immagini spontanee, volare in alto" la quarta, "Parola di bimbo" non racconta, evoca, "mobilita cioè, poeticamente, la condizione di figlio che è l'elemento unificante l'umanità". Per gli studiosi che fanno riferimento a Luigi Pagliarani, gli autori del libro e coloro che fanno parte dell' associazione "Ariele", oltrecché della Fondazione, "la possibilità di ogni bambino di costruire un buon legame con sé stesso e con il mondo esterno va iscritta nei rapporti tra genitori, nei vincoli tra famiglie, nel tessuto vitale di un territorio, nell'attenzione creativa del mondo scolastico e nelle buone offerte del tempo libero". Sostengono gli autori del libro che "un adulto significativo nella crescita dei minori sa rimanere in contatto con la parte piccola, sensibile, fragile, incompiuta di se stesso". Solo così è possibile riconoscere ed identificarsi con le fatiche emotive dei bambini e aiutare il piccolo a "mettere in parole le emozioni". Non un percorso facile perché presuppone, da parte dell'adulto, la capacità di instaurare un livello comunicativo fra sé e il piccolo, visibile e invisibile, fra la mente di chi è già formato e la psiche di chi deve ancora formarsi. Una sfida bella, premessa necessaria per un mondo umano più equilibrato e meno sofferente. Il libro è il risultato di una ricerca sul campo fatta con i bambini e, nelle pagine sono contenute anche le loro osservazioni, le riflessioni su alcune questioni poste dall'educatore. Una postfazione di Luigi Pagliarani contribuisce a centrare ancor più il tema perché i due verbi da coniugare in ambito educativo sono "allevare e generare. Il grande - che sa ed ha - con l'allevare dà al piccolo quel che non sa e non ha. Qui c'è una differenza di statura. Nel generare questa differenza sparisce. Tutti contribuiscono a mettere al mondo, a far nascere quel che prima non c'era...". Un libro utile a educatori, genitori e adulti che vogliano rapportarsi con successo con i piccoli.