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FUGGIASCHI. ADOLESCENTI TRA I BANCHI DI SCUOLA EDIZIONI LA MERIDIANA - MOLFETTA BARI - 2005 - PAGG. 158

 

"Poiché i versi non sono, come crede la gente, sentimenti, sono esperienze". Così sostiene Rilke in I quaderni di Malte Lourids Brigge (1910, tr. it. 1974), e poi elenca le tante esperienze di una vita intensamente vissuta, esperienze che poi devono anche essere dimenticate, "affinché in una rarissima ora sorga nel loro centro e ne esca la prima parola di un verso".
Penso che sia così per chiunque voglia davvero cogliere i significati, i legami più profondi di ciò di cui, in un libro o in un racconto, intende parlare.


Ed è stato così per questo libro Fuggiaschi. Adolescenti tra i banchi di scuola, scritto da Francesco Berto e Paola Scalari, che da anni, come consulenti e formatori, si occupano di adolescenti, di scuola, di genitori.
Un libro di storie che si incrociano, che creano un intreccio di emozioni e di eventi, che spiazza chi ha in mente il racconto psicologico, sia in ambito clinico che formativo, che spesso si avvale della vignetta o del caso clinico.
Dalla descrizione di una gita scolastica a Parigi, dove si intrecciano gli amori degli adulti alla scoperta della trasgressione da parte degli adolescenti, fra autonomia e senso di solitudine, si diparte il racconto di questi personaggi. E qualche volta la nota dolente della situazione adolescenziale è raccolta, amplificata e talvolta distorta dai genitori stessi e confusa con i loro dolori, rimpianti e antiche rabbie.
Facile sarebbe stato per gli autori cadere nella tentazione della esemplificazione, rinunciando ad un compito ben più complesso, quello di lasciarsi prendere in un crescendo di intimità nel linguaggio, nel comportamento, nelle vicende di tutti questi personaggi.
In scena, in ogni scena di questi racconti, ci sono gli autori stessi, perché solo attraverso se stessi, attraverso le loro esperienze e il loro sapere, quel mondo della scuola, in tutti i suoi componenti, può essere "inventato". Inventati i volti, i luoghi, le trame, ma quelle emozioni, quelle esperienze sono note anche a noi adolescenti, a noi insegnanti, a noi padri e madri.
Ben lontano quindi da qualsiasi linguaggio "satanico", come direbbe Bion, ma anche da qualsiasi tentazione didascalica, questo libro parla il linguaggio dell'introspezione.
L'empatia, questo concetto ora rivisitato da tante discipline, in questo libro è l'atteggiamento mentale che permette agli autori di esprimersi a questo livello. Leggendolo mi è tornato in mente un vecchio articolo di Greenson L'empatia e le sue vicissitudini (1960, in Greenson, 1978, tr. it. 1984), nel quale l'autore propone un modello di ascolto che, proprio per questa produzione, mi pare coerente.
Greenson dice: "Avevo lentamente costruito dentro di me un modello operativo della paziente, il quale consisteva nel suo aspetto fisico, nelle sue emozioni, nelle sue esperienze di vita, nelle sue modalità di comportamento, nei suoi atteggiamenti, difese, valori, fantasie. Questo modello operativo era la sosia o la copia della paziente e io lo avevo costruito e vi facevo aggiustamenti a mano a mano che acquisivo nuove osservazioni e comprensione".
Con questi tanti sosia dei loro allievi, genitori o docenti in formazione, gli autori devono avere lavorato.
E il lettore è chiamato a stare al gioco, cioè a teatralizzare parti di sé, qualche volta dimenticate, spesso negate, in una sequenza coinvolgente.
AI centro della trama emozionale è l'attraversamento di quell'angoscia di separazione che è connessa con il processo di crescita degli adolescenti, ma che segna l'apprendimento degli adulti rispetto alla loro competenza educativa. Per gli adulti, infatti, genitori, insegnanti, si tratta non solo di vedere crescere l'Altro, figlio o allievo che sia, in modo diverso dalle proprie aspettative, ma in conclusione di saper tollerare ogni diversità.
Avvalendosi della loro competenza clinica delle dinamiche gruppali, gli autori mettono in scena le incomprensioni che nascono da questo tipo di intolleranza, che invadono, ammorbano, attraverso malintesi e pregiudizi che diventano rabbia e sconforto, ritiro o stupidità, sia il rapporto degli insegnanti fra di loro, per esempio nei consigli di classe, sia i rapporti tra questi e i genitori degli allievi.
Il focus centrato sulle dinamiche che impediscono un felice scambio e riconoscimento tra i tre gruppi, quello degli adolescenti, quello dei genitori e quello degli insegnanti, si allarga alla società che ha perso una relazione efficace e attenta con la scuola, condannandola ad un ruolo stereotipato di trasmissione di un sapere. La scuola abdica al suo compito di "educazione sentimentale", come diceva Luigi Pagliarani (1985), e rinuncia a quello di accompagnare il transito dei giovani dalla cultura familiare a quella della società, sollecitando a questo scopo in primo luogo le loro competenze di vita.
In un racconto questa realtà è drammaticamente espressa dalle emozioni collegate ai ricordi di scuola, che invadono la mente di una giovane laureata, una psicologa, che era finita per fare parte di un'impresa di pulizia.
Gli autori, credo, non potevano essere più coerenti con il significato del loro lavoro: un invito al dialogo e all'ascolto degli adolescenti, come premessa per la creazione di quei legami fondamentali che formeranno l'ordito per una trama di vita il più possibile felice.
La coerenza chiedeva che parlassero nei modi di una lingua che è attenta a comunicare e disposta ad un confronto aperto e creativo.
Francesco Berto e Paola Scalari hanno dialogato con il lettore, sollecitandolo ad ascoltare quella passione antica, quel mondo caotico dell'adolescenza, di cui certamente si sono conservate ancora le tracce.

 

Annamaria Burlini

 

Riferimenti bibliografici
Greenson R.R. (1978), Esplorazioni psicoanalitiche, tr. it. Bollati Boringhieri, Torino, 1984.
Pagliarani L. (1985), Il coraggio di Venere, Raffaello Cortina, Milano.
Rilke R.M. (1909), l quaderni di Malte Laurids Brigge, tr. it. Garzanti, Milano, 1974.

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Paola Scalari
è psicologa, psicoterapeuta, psicosocioanalista, docente in Psicoterapia della coppia e della famiglia alla Scuola di Specializzazione in Psicoterapia della COIRAG e di Teoria e tecnica del gruppo operativo in ARIELE psicoterapia. Docente Scuola Genitori Impresa famiglia Confartigianato.
Socia di ARIELE Associazione Italiana di Psicosocioanalisi. E’ consulente, docente, formatore e supervisore di gruppi ed équipe per enti e istituzioni dei settori sanitario, sociale, educativo e scolastico.
Cura per Armando la collana Intrecci e per la meridiana la collana Premesse… per il cambiamento sociale, ed è consulente delle riviste Animazione sociale del gruppo Abele, Conflitti del CPPP, Io e il mio Bambino, Sfera-Rizzoli group.
Nel 1988 ha fondato i "Centri età evolutiva" del Comune di Venezia per sostenere la famiglia nel suo compito di far crescere i figli e si è occupata della progettualità del servizio Infanzia Adolescenza della città di Venezia.
Insieme a Francesco Berto ha recentemente pubblicato per le edizioni La Meridiana: "Adesso basta! Ascoltami. Educare i ragazzi al rispetto delle regole." (2004), "Fuggiaschi. Adolescenti tra i banchi di scuola." (2005), "Fili spezzati. Aiutare genitori in crisi, separati e divorziati." (2006), "ConTatto. La consulenza educativa ai genitori." (2008), "Padri che amano troppo." (2009), "Mal d'amore. Relazioni familiari tra confusioni sentimentali e criticità educative." (2011), "A scuola con le emozioni - Un nuovo dialogo educativo" (2012), "Il codice psicosocioeducativo" (2013), "Parola di Bambino. Il mondo visto con i suoi occhi." (2013).

Educare è insegnare ad avere fiducia nel mondo che verrà, a investire positivamente le proprie capacità, a sognare e faticare per realizzare le proprie speranze di vita. Una scuola attiva, formativa, lo sa.
La scuola attiva e formativa è la scuola che tutti noi vorremmo avere per i nostri bambini e ragazzi ma sembra essere lontano anni luce da quello che incontriamo quotidianamente. Prevale una lamentazione diffusa: insegnanti che si lamentano della famiglia dei propri alunni, genitori che difendono tout court i figli e non sembrano comprendere la necessità di un apprendimento basato su aspetti cognitivi, cooperativi ed emotivi. Si trova tanta demotivazione e ancor più rassegnazione, al punto da creare una sorta di imprinting alla rassegnazione anche nei bambini.
Questo libro, curato da Paola Scalari e scritto da insegnanti, pedagogisti, psicologi ed educatori ha il compito da un lato di fare una fotografia critica del presente, dall'altro di proporre buone pratiche per una scuola dell'oggi e del domani. Le buone pratiche sono basate su teorie consolidate ma non ancora applicate in maniera sistematica e consapevole: Bauleo, Pagliarani, Bleger, Freinet, Milani e, per citare il mondo attuale, Canevaro e Demetrio.
Si tratta di pratiche che tengono conto della possibilità di costruire una scuola che aiuti a pensare, dialogare, dar forma. Una scuola basata sull'ascolto, su modalità cooperative, dove bambini e ragazzi possano sentirsi liberi di esprimersi ma anche di prendersi responsabilità in base alle loro competenze. Una scuola che sa mettersi in relazione con i bambini e che sa creare basi per una coesione tra adulti che condividono l'educazione dei figli e degli allievi.
A scuola con le emozioni è rivolo agli insegnanti e ai genitori, ma anche a educatori e psicologi. Com'è il mondo visto con gli occhi del bambino? E' una domanda a cui dovrebbero saper rispondere soprattutto gli educatori dei bambini (oltre che i genitori, auspicabilmente), le maestre e i maestri di vari livelli, coloro che sono impegnati a far crescere i piccoli, ad indicare loro la strada per diventare adulti, per imparare a vivere. Una bella risposta alla domanda è contenuta nel libro "Parola di bambino" scritto da Paola Scalari e Francesco Berto, edizioni la meridiana (premesse... per il cambiamento sociale). La collana, per altro, è curata dalla stessa Paola Scalari che venerdì 14 alle 18 sarà alla libreria Einaudi di Trento in piazza della Mostra.

"Il conflitto che i bambini esprimono con le loro paure richiede l'amore di tutta la nostra intelligenza", scriveva lo psicanalista Luigi Pagliarani negli anni Novanta. Fondatore e presidente di ARIELE (Associazione Italiana di Psicosocioanalisi), Pagliarani, ha lasciato una profonda traccia del suo pensiero tanto che, molti dei suoi, allievi, ora psicanalisti e psicoterapeuti, hanno costituito la Fondazione a lui dedicata (www.luigipagliarani.ch). Fra questi Carla Weber che, venerdì 14, sarà in conversazione con Paola Scalari, co-autrice del libro. Suddiviso in quattro parti, "Alfabetizzazione sentimentale" la prima, "Chiamale emozioni" la seconda, "Il legame familiare" la terza e "Immagini spontanee, volare in alto" la quarta, "Parola di bimbo" non racconta, evoca, "mobilita cioè, poeticamente, la condizione di figlio che è l'elemento unificante l'umanità". Per gli studiosi che fanno riferimento a Luigi Pagliarani, gli autori del libro e coloro che fanno parte dell' associazione "Ariele", oltrecché della Fondazione, "la possibilità di ogni bambino di costruire un buon legame con sé stesso e con il mondo esterno va iscritta nei rapporti tra genitori, nei vincoli tra famiglie, nel tessuto vitale di un territorio, nell'attenzione creativa del mondo scolastico e nelle buone offerte del tempo libero". Sostengono gli autori del libro che "un adulto significativo nella crescita dei minori sa rimanere in contatto con la parte piccola, sensibile, fragile, incompiuta di se stesso". Solo così è possibile riconoscere ed identificarsi con le fatiche emotive dei bambini e aiutare il piccolo a "mettere in parole le emozioni". Non un percorso facile perché presuppone, da parte dell'adulto, la capacità di instaurare un livello comunicativo fra sé e il piccolo, visibile e invisibile, fra la mente di chi è già formato e la psiche di chi deve ancora formarsi. Una sfida bella, premessa necessaria per un mondo umano più equilibrato e meno sofferente. Il libro è il risultato di una ricerca sul campo fatta con i bambini e, nelle pagine sono contenute anche le loro osservazioni, le riflessioni su alcune questioni poste dall'educatore. Una postfazione di Luigi Pagliarani contribuisce a centrare ancor più il tema perché i due verbi da coniugare in ambito educativo sono "allevare e generare. Il grande - che sa ed ha - con l'allevare dà al piccolo quel che non sa e non ha. Qui c'è una differenza di statura. Nel generare questa differenza sparisce. Tutti contribuiscono a mettere al mondo, a far nascere quel che prima non c'era...". Un libro utile a educatori, genitori e adulti che vogliano rapportarsi con successo con i piccoli.