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teatro de efeso                

Agorà

Pensieri Condivisi.

Formazione tra veloce consumo e lenta riflessione

Possiamo ipotizzare cosa motivi l’accesso alla formazione nel campo psico-socio-educativo e cosa renda attualmente ostico usufruire di processi di apprendimento?

Lavoriamo nelle università, nelle scuole di specializzazione, nelle istituzioni.....

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Commenti

  • Paola Biasin ha scritto Altro
    Essere genitori e non amarsi: difficile!... Domenica, 14 Giugno 2015
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    Nel film "Il ladro di... Lunedì, 18 Novembre 2013

 

Intervista a cura di Laura d'Orsi.

Mio figlio Gianmarco di 4 anni è un bambino molto sensibile e, per questo, è sempre “troppo”: “troppo contento”, “troppo emozionato”, “troppo stanco”...e persino “troppo arrabbiato”! Quando è contrariato ha spesso delle reazioni esagerate e non è sempre facile riuscire a bloccarlo per tempo e così inscena delle vere e proprie crisi di rabbia”.

Molti bambini esprimono in modo fisico la loro contrarietà. E iniziano presto: già un neonato può manifestare la sua rabbia se ad esempio, durante la poppata, il latte non defluisce come desidera. A un anno può prendersela perché non riesce a camminare; più avanti perché la mamma non lo accontenta. E spesso i genitori non sanno come comportarsi.

Dottoressa Scalari, perché i bambini hanno crisi di rabbia anche molto intense?
I bambini fanno molta fatica a capire che la realtà ha dei limiti, pensano che per loro è tutto possibile, e più sono piccoli e più hanno questa sensazione. Quando si scontrano con l’impossibilità di dominare il mondo si sentono invece vulnerabili e impauriti. È una sensazione di vuoto che viene riempiendosi con il sentimento della rabbia. E questo impulso li fa sentire nuovamente forti e potenti.

Possono esserci anche delle cause particolari?
A provocare queste reazioni non è solo il senso di impotenza. A volte c'è una causa che disturba l’equilibrio del bambino. Può essere la nascita di un fratellino, la separazione dei genitori, un trasloco. Ma anche l’inserimento alla scuola materna, che può creare tensioni con i primi rapporti sociali e con nuove regole da imparare, o il fatto che la mamma riprenda a lavorare. Sono tutti cambiamenti che un bambino può far fatica ad accettare, perché da queste situazioni sente di perdere qualcosa. E non sempre riesce a esprimere il suo disagio con le parole.

Come vanno affrontati questi momenti?
È importante che i genitori non rispondano con scenate e prove di forza, altrimenti si insegna al piccolo che per frenare le sue esplosioni ci vuole una rabbia ancor più grande. E questo rischia di innescare un circolo vizioso da cui poi è difficile uscire. Non si deve però proibire al bambino di esprimere le sue emozioni, anche se sono negative. Infatti, solo provando questi impulsi aggressivi può imparare col tempo a controllarli. Ma si deve porre un limite.

Come farlo?
Può andare bene lasciare che il bimbo urli la sua rabbia, ma non permettergli che lanci oggetti o alzi le mani. In questi casi è giusto riprenderlo con voce ferma, eventualmente anche trattenendolo fisicamente. I bambini si devono sentire contenuti in questi momenti, perché possono essere spaventati dalle loro stesse reazioni e da ciò che provano. E passata la crisi, mamma e papà dovrebbero parlare con lui, se è già abbastanza grandicello, chiedendogli se c’è qualcosa che non va. Ma il modo migliore per insegnargli ad affrontare la rabbia è l’esempio. Se i genitori si arrabbiano e riescono a superare la collera, anche il bambino imparerà a vivere in modo positivo le proprie emozioni e a non averne paura.

Quando un bambino è in grado di gestire meglio la rabbia?
Quando capisce che la realtà ha dei limiti e che bisogna imparare a sopportarli. Di solito questa consapevolezza si raggiunge prima dell’adolescenza, intorno ai nove, dieci anni. Compito dei genitori è accompagnare il piccolo in questo percorso e il modo migliore è tradurre il sentimento del bambino, anche se molto piccolo, in parole. Ad esempio, dicendogli: “sei arrabbiato perché inciampi spesso: ma non preoccuparti, adesso riproviamo insieme”.

 

 

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Paola Scalari
è psicologa, psicoterapeuta, psicosocioanalista, docente in Psicoterapia della coppia e della famiglia alla Scuola di Specializzazione in Psicoterapia della COIRAG e di Teoria e tecnica del gruppo operativo in ARIELE psicoterapia. Docente Scuola Genitori Impresa famiglia Confartigianato.
Socia di ARIELE Associazione Italiana di Psicosocioanalisi. E’ consulente, docente, formatore e supervisore di gruppi ed équipe per enti e istituzioni dei settori sanitario, sociale, educativo e scolastico.
Cura per Armando la collana Intrecci e per la meridiana la collana Premesse… per il cambiamento sociale, ed è consulente delle riviste Animazione sociale del gruppo Abele, Conflitti del CPPP, Io e il mio Bambino, Sfera-Rizzoli group.
Nel 1988 ha fondato i "Centri età evolutiva" del Comune di Venezia per sostenere la famiglia nel suo compito di far crescere i figli e si è occupata della progettualità del servizio Infanzia Adolescenza della città di Venezia.
Insieme a Francesco Berto ha recentemente pubblicato per le edizioni La Meridiana: "Adesso basta! Ascoltami. Educare i ragazzi al rispetto delle regole." (2004), "Fuggiaschi. Adolescenti tra i banchi di scuola." (2005), "Fili spezzati. Aiutare genitori in crisi, separati e divorziati." (2006), "ConTatto. La consulenza educativa ai genitori." (2008), "Padri che amano troppo." (2009), "Mal d'amore. Relazioni familiari tra confusioni sentimentali e criticità educative." (2011), "A scuola con le emozioni - Un nuovo dialogo educativo" (2012), "Il codice psicosocioeducativo" (2013), "Parola di Bambino. Il mondo visto con i suoi occhi." (2013).

Educare è insegnare ad avere fiducia nel mondo che verrà, a investire positivamente le proprie capacità, a sognare e faticare per realizzare le proprie speranze di vita. Una scuola attiva, formativa, lo sa.
La scuola attiva e formativa è la scuola che tutti noi vorremmo avere per i nostri bambini e ragazzi ma sembra essere lontano anni luce da quello che incontriamo quotidianamente. Prevale una lamentazione diffusa: insegnanti che si lamentano della famiglia dei propri alunni, genitori che difendono tout court i figli e non sembrano comprendere la necessità di un apprendimento basato su aspetti cognitivi, cooperativi ed emotivi. Si trova tanta demotivazione e ancor più rassegnazione, al punto da creare una sorta di imprinting alla rassegnazione anche nei bambini.
Questo libro, curato da Paola Scalari e scritto da insegnanti, pedagogisti, psicologi ed educatori ha il compito da un lato di fare una fotografia critica del presente, dall'altro di proporre buone pratiche per una scuola dell'oggi e del domani. Le buone pratiche sono basate su teorie consolidate ma non ancora applicate in maniera sistematica e consapevole: Bauleo, Pagliarani, Bleger, Freinet, Milani e, per citare il mondo attuale, Canevaro e Demetrio.
Si tratta di pratiche che tengono conto della possibilità di costruire una scuola che aiuti a pensare, dialogare, dar forma. Una scuola basata sull'ascolto, su modalità cooperative, dove bambini e ragazzi possano sentirsi liberi di esprimersi ma anche di prendersi responsabilità in base alle loro competenze. Una scuola che sa mettersi in relazione con i bambini e che sa creare basi per una coesione tra adulti che condividono l'educazione dei figli e degli allievi.
A scuola con le emozioni è rivolo agli insegnanti e ai genitori, ma anche a educatori e psicologi. Com'è il mondo visto con gli occhi del bambino? E' una domanda a cui dovrebbero saper rispondere soprattutto gli educatori dei bambini (oltre che i genitori, auspicabilmente), le maestre e i maestri di vari livelli, coloro che sono impegnati a far crescere i piccoli, ad indicare loro la strada per diventare adulti, per imparare a vivere. Una bella risposta alla domanda è contenuta nel libro "Parola di bambino" scritto da Paola Scalari e Francesco Berto, edizioni la meridiana (premesse... per il cambiamento sociale). La collana, per altro, è curata dalla stessa Paola Scalari che venerdì 14 alle 18 sarà alla libreria Einaudi di Trento in piazza della Mostra.

"Il conflitto che i bambini esprimono con le loro paure richiede l'amore di tutta la nostra intelligenza", scriveva lo psicanalista Luigi Pagliarani negli anni Novanta. Fondatore e presidente di ARIELE (Associazione Italiana di Psicosocioanalisi), Pagliarani, ha lasciato una profonda traccia del suo pensiero tanto che, molti dei suoi, allievi, ora psicanalisti e psicoterapeuti, hanno costituito la Fondazione a lui dedicata (www.luigipagliarani.ch). Fra questi Carla Weber che, venerdì 14, sarà in conversazione con Paola Scalari, co-autrice del libro. Suddiviso in quattro parti, "Alfabetizzazione sentimentale" la prima, "Chiamale emozioni" la seconda, "Il legame familiare" la terza e "Immagini spontanee, volare in alto" la quarta, "Parola di bimbo" non racconta, evoca, "mobilita cioè, poeticamente, la condizione di figlio che è l'elemento unificante l'umanità". Per gli studiosi che fanno riferimento a Luigi Pagliarani, gli autori del libro e coloro che fanno parte dell' associazione "Ariele", oltrecché della Fondazione, "la possibilità di ogni bambino di costruire un buon legame con sé stesso e con il mondo esterno va iscritta nei rapporti tra genitori, nei vincoli tra famiglie, nel tessuto vitale di un territorio, nell'attenzione creativa del mondo scolastico e nelle buone offerte del tempo libero". Sostengono gli autori del libro che "un adulto significativo nella crescita dei minori sa rimanere in contatto con la parte piccola, sensibile, fragile, incompiuta di se stesso". Solo così è possibile riconoscere ed identificarsi con le fatiche emotive dei bambini e aiutare il piccolo a "mettere in parole le emozioni". Non un percorso facile perché presuppone, da parte dell'adulto, la capacità di instaurare un livello comunicativo fra sé e il piccolo, visibile e invisibile, fra la mente di chi è già formato e la psiche di chi deve ancora formarsi. Una sfida bella, premessa necessaria per un mondo umano più equilibrato e meno sofferente. Il libro è il risultato di una ricerca sul campo fatta con i bambini e, nelle pagine sono contenute anche le loro osservazioni, le riflessioni su alcune questioni poste dall'educatore. Una postfazione di Luigi Pagliarani contribuisce a centrare ancor più il tema perché i due verbi da coniugare in ambito educativo sono "allevare e generare. Il grande - che sa ed ha - con l'allevare dà al piccolo quel che non sa e non ha. Qui c'è una differenza di statura. Nel generare questa differenza sparisce. Tutti contribuiscono a mettere al mondo, a far nascere quel che prima non c'era...". Un libro utile a educatori, genitori e adulti che vogliano rapportarsi con successo con i piccoli.