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Commenti

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Questo non è un libro, è un incontro. Come prima di un incontro, la curiosità di fronte a questo libro è tanta. Leggendo il titolo, mille domande affiorano alla mente. Che cos‘è questo mal d‘amore? Come si cura? Il mal d‘amore è di tutti? Come in un incontro, le aspettative e i desideri orientano le prime mosse.
Allora la mano sfiora la copertina lucida del libro per accarezzarne la consistenza, gli occhi si intrufolano tra le righe dei capitoli a cercare un primo approccio. La “presentazione” offre consigli rispetto a come fare colpo sul libro. È un incontro di sguardi, nel quale, in principio, ci si muove eccitati e guardinghi. Però, in fondo, si pensa di avere il controllo delle proprie reazioni e dei propri comportamenti; il libro è lì, inerte e noi abbiamo facoltà di spiarlo a nostro piacimento o di richiuderlo. Poi, come accade in alcuni sguardi e in alcune passioni, finisce che ci si confonde e che inevitabilmente si perde un po’ di controllo. Allora i primi dieci capitoli filano via veloci e improvvisamente, nelle descrizioni di coppie incartocciate, nello sguardo di figli inquieti e soli, è impossibile non riconoscersi almeno un po’. L’incontro diventa un gioco di specchi. Ci si rivede nell’intreccio relazionale di coppie narcisisticamente investite, nell’aspettativa di colmare ferite e vuoti affettivi, nel disperato tentativo di rompere la catena delle stereotipie transgenerazionali. Si ravvisa il volto di una società. Ci si riconosce come operatori e psicologi spesso incapaci di accogliere la fragilità, anche la propria. In ogni descrizione ci si rispecchia, almeno un po’. Si gioca a nascondino tra le pagine, ma si finisce per essere scoperti. Ciò genera vissuti ambivalenti: da un lato sentirsi scoperti è rassicurante, dall’altro è doloroso. La descrizione appare fedele e racconta di tutti noi, psicologi e pazienti, genitori e figli, coppie e famiglie, felici e sofferenti, nessuno escluso. La dura realtà non rispetta mai le aspettative e si finisce per provare, nei confronti del libro, emozioni scomode: paura, rabbia, senso di colpa, vissuti di impotenza e slanci di onnipotenza. Si cerca la linea che separa patologia e normalità, come un porto sicuro che ci differenzi. Come accade nelle coppie che il libro racconta, ci si ritrova intrecciati al libro, ingaggiati nella fatica di individuarsi. Si corre il rischio di incolpare gli autori, che hanno illuso, tradito le aspettative, confuso. Si cercava un aiuto per lavorare con le coppie, da psicologi, e invece ci si ritrova fastidiosamente invischiati. Sembra lo stesso dolore che attanaglia coppie deluse e arrabbiate, oppure confuse e fragili. In questo gioco di proiezioni, appare difficile assumere una posizione adulta, responsabile, capace di interdipendenza e di una giusta distanza. Gli ultimi due capitoli vengono in aiuto e schiodano dall’impotenza. Ci si ritrova insieme a pensare a delle possibilità per prevenire, curare, ascoltare il mal d’amore. La prevenzione, intesa come un intervento profondo e complesso teso a “rompere l’isolamento” potrebbe configurarsi anche come intervento domiciliare. Ciò che sembra importante riconoscere è quanto il mal d‘amore sia difficile da affrontare anche per gli operatori dei servizi; essi si trovano spesso a sperimentare speculari vissuti di solitudine, maltrattamento, rabbia, pseudo indifferenza. Forse solo riconoscendo quanto il mal d’amore ci riguardi, ci interessi, ci appartenga a più livelli, potremo, come individui, come cittadini, come professionisti assumerci la responsabilità di un cambiamento. “Mal d’amore” è dunque un incontro e il mal d’amore lo fa sperimentare, poiché si apprende dall’esperienza. È perciò anche un libro dal quale, come nella vita, ci si deve separare. Al pari delle coppie che il libro così bene racconta, di fronte alla separazione ognuno fa i conti con il proprio ombelico. La conclusione, neanche a dirlo, è sofferta. Giunti all’ultima riga, si ha la sensazione di perdere molto, si mantiene qualche dubbio in sospeso, si è tentati di rileggere tutto dall’inizio e, però, si è anche commossi. Si fa il conto delle perdite, dei guadagni e, in fondo, ci si sente grati. “E’ stato meglio lasciarsi che non essersi mai incontrati” canta De Andrè. Ripongo il libro sullo scaffale e, in fondo, lo porto un po’ con me.
 
Noemi Tomasoni, Psicologa

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Paola Scalari
è psicologa, psicoterapeuta, psicosocioanalista, docente in Psicoterapia della coppia e della famiglia alla Scuola di Specializzazione in Psicoterapia della COIRAG e di Teoria e tecnica del gruppo operativo in ARIELE psicoterapia. Docente Scuola Genitori Impresa famiglia Confartigianato.
Socia di ARIELE Associazione Italiana di Psicosocioanalisi. E’ consulente, docente, formatore e supervisore di gruppi ed équipe per enti e istituzioni dei settori sanitario, sociale, educativo e scolastico.
Cura per Armando la collana Intrecci e per la meridiana la collana Premesse… per il cambiamento sociale, ed è consulente delle riviste Animazione sociale del gruppo Abele, Conflitti del CPPP, Io e il mio Bambino, Sfera-Rizzoli group.
Nel 1988 ha fondato i "Centri età evolutiva" del Comune di Venezia per sostenere la famiglia nel suo compito di far crescere i figli e si è occupata della progettualità del servizio Infanzia Adolescenza della città di Venezia.
Insieme a Francesco Berto ha recentemente pubblicato per le edizioni La Meridiana: "Adesso basta! Ascoltami. Educare i ragazzi al rispetto delle regole." (2004), "Fuggiaschi. Adolescenti tra i banchi di scuola." (2005), "Fili spezzati. Aiutare genitori in crisi, separati e divorziati." (2006), "ConTatto. La consulenza educativa ai genitori." (2008), "Padri che amano troppo." (2009), "Mal d'amore. Relazioni familiari tra confusioni sentimentali e criticità educative." (2011), "A scuola con le emozioni - Un nuovo dialogo educativo" (2012), "Il codice psicosocioeducativo" (2013), "Parola di Bambino. Il mondo visto con i suoi occhi." (2013).

Educare è insegnare ad avere fiducia nel mondo che verrà, a investire positivamente le proprie capacità, a sognare e faticare per realizzare le proprie speranze di vita. Una scuola attiva, formativa, lo sa.
La scuola attiva e formativa è la scuola che tutti noi vorremmo avere per i nostri bambini e ragazzi ma sembra essere lontano anni luce da quello che incontriamo quotidianamente. Prevale una lamentazione diffusa: insegnanti che si lamentano della famiglia dei propri alunni, genitori che difendono tout court i figli e non sembrano comprendere la necessità di un apprendimento basato su aspetti cognitivi, cooperativi ed emotivi. Si trova tanta demotivazione e ancor più rassegnazione, al punto da creare una sorta di imprinting alla rassegnazione anche nei bambini.
Questo libro, curato da Paola Scalari e scritto da insegnanti, pedagogisti, psicologi ed educatori ha il compito da un lato di fare una fotografia critica del presente, dall'altro di proporre buone pratiche per una scuola dell'oggi e del domani. Le buone pratiche sono basate su teorie consolidate ma non ancora applicate in maniera sistematica e consapevole: Bauleo, Pagliarani, Bleger, Freinet, Milani e, per citare il mondo attuale, Canevaro e Demetrio.
Si tratta di pratiche che tengono conto della possibilità di costruire una scuola che aiuti a pensare, dialogare, dar forma. Una scuola basata sull'ascolto, su modalità cooperative, dove bambini e ragazzi possano sentirsi liberi di esprimersi ma anche di prendersi responsabilità in base alle loro competenze. Una scuola che sa mettersi in relazione con i bambini e che sa creare basi per una coesione tra adulti che condividono l'educazione dei figli e degli allievi.
A scuola con le emozioni è rivolo agli insegnanti e ai genitori, ma anche a educatori e psicologi. Com'è il mondo visto con gli occhi del bambino? E' una domanda a cui dovrebbero saper rispondere soprattutto gli educatori dei bambini (oltre che i genitori, auspicabilmente), le maestre e i maestri di vari livelli, coloro che sono impegnati a far crescere i piccoli, ad indicare loro la strada per diventare adulti, per imparare a vivere. Una bella risposta alla domanda è contenuta nel libro "Parola di bambino" scritto da Paola Scalari e Francesco Berto, edizioni la meridiana (premesse... per il cambiamento sociale). La collana, per altro, è curata dalla stessa Paola Scalari che venerdì 14 alle 18 sarà alla libreria Einaudi di Trento in piazza della Mostra.

"Il conflitto che i bambini esprimono con le loro paure richiede l'amore di tutta la nostra intelligenza", scriveva lo psicanalista Luigi Pagliarani negli anni Novanta. Fondatore e presidente di ARIELE (Associazione Italiana di Psicosocioanalisi), Pagliarani, ha lasciato una profonda traccia del suo pensiero tanto che, molti dei suoi, allievi, ora psicanalisti e psicoterapeuti, hanno costituito la Fondazione a lui dedicata (www.luigipagliarani.ch). Fra questi Carla Weber che, venerdì 14, sarà in conversazione con Paola Scalari, co-autrice del libro. Suddiviso in quattro parti, "Alfabetizzazione sentimentale" la prima, "Chiamale emozioni" la seconda, "Il legame familiare" la terza e "Immagini spontanee, volare in alto" la quarta, "Parola di bimbo" non racconta, evoca, "mobilita cioè, poeticamente, la condizione di figlio che è l'elemento unificante l'umanità". Per gli studiosi che fanno riferimento a Luigi Pagliarani, gli autori del libro e coloro che fanno parte dell' associazione "Ariele", oltrecché della Fondazione, "la possibilità di ogni bambino di costruire un buon legame con sé stesso e con il mondo esterno va iscritta nei rapporti tra genitori, nei vincoli tra famiglie, nel tessuto vitale di un territorio, nell'attenzione creativa del mondo scolastico e nelle buone offerte del tempo libero". Sostengono gli autori del libro che "un adulto significativo nella crescita dei minori sa rimanere in contatto con la parte piccola, sensibile, fragile, incompiuta di se stesso". Solo così è possibile riconoscere ed identificarsi con le fatiche emotive dei bambini e aiutare il piccolo a "mettere in parole le emozioni". Non un percorso facile perché presuppone, da parte dell'adulto, la capacità di instaurare un livello comunicativo fra sé e il piccolo, visibile e invisibile, fra la mente di chi è già formato e la psiche di chi deve ancora formarsi. Una sfida bella, premessa necessaria per un mondo umano più equilibrato e meno sofferente. Il libro è il risultato di una ricerca sul campo fatta con i bambini e, nelle pagine sono contenute anche le loro osservazioni, le riflessioni su alcune questioni poste dall'educatore. Una postfazione di Luigi Pagliarani contribuisce a centrare ancor più il tema perché i due verbi da coniugare in ambito educativo sono "allevare e generare. Il grande - che sa ed ha - con l'allevare dà al piccolo quel che non sa e non ha. Qui c'è una differenza di statura. Nel generare questa differenza sparisce. Tutti contribuiscono a mettere al mondo, a far nascere quel che prima non c'era...". Un libro utile a educatori, genitori e adulti che vogliano rapportarsi con successo con i piccoli.