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Commenti

  • Paola Biasin ha scritto Altro
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Dal film “Indovina a cena” di Stanley Kramer(1967),il figlio (Sidney Poitier )dice al padre:” ….mi ci hai messo tu  a questo mondo e da quel giorno tu mi dovevi tutto ciò che potevi darmi come io lo dovrò a mio figlio se ne avrò un altro, ma io non sono tuo… tu e la tua sciocca generazione credete che come è stato, così dovrà essere sempre e finchè tutta la vostra generazione non sarà sotto terra, noi non riusciremo a levarci dal groppone il vostro peso morto, insomma ti devi togliere dal mio groppone!…”


“Mal d’amore non è un libro da leggere tutto d’un fiato!


I primi capitoli soprattutto, necessitano di un tempo lungo di lettura che permetta di elaborare ed assorbire tutta la sofferenza che il mal d’amore porta.
La descrizione della sofferenza, nella coppia genitoriale e quindi anche nei figli che si trovano in questi sventurati nuclei familiari, è descritta senza pietismi e mezzi termini.
Il ritmo è incalzante, i vocaboli crudi e quasi tangibili nel loro descrivere una sofferenza mentale che appare qui, quasi fisica.
Il libro descrive cosa noi operatori ci troviamo davanti, quando ci occupiamo di famiglie così problematiche, così chiuse nel loro narcisismo patologico.
Così come gli operatori, così il lettore di questo libro, si trova a sbattere la faccia contro un muro di sofferenza così intricata, arrovellata, confusa e diffusa che sembra impossibile trovare uno spiraglio per scalfire questo mal d’amore che si tramanda di generazione in generazione e si propaga anche nel contesto sociale in cui queste famiglie sono inserite.
Ma cos’ è questo mal d’amore ?
E’ la pretesa di essere amati dal partner senza rendersi amabili, è la conseguenza di una scelta d’amore che cerca di compensare deprivazioni e abusi ricevuti nell’infanzia, con una fame di appagamento, con una richiesta continua di affetto, senza riuscire mai ad essere sazi.
Il partner deposita sull’altro tutte le sue parti negative e indesiderate e il coniuge gliele ributta violentemente addosso.
Queste coppie così patologicamente assortite, vivono nella bugia, nell’inganno, nella rabbia, nella violenza e nel dolore di non poter vivere con l’altro e nello stesso tempo nella paura di perdersi senza l’altro.
Ma qual è lo scopo del “mettere il dito” tra questi moglie e marito così sofferenti, nel loro mal d’ amore?
La risposta secondo me è ben sintetizzata in questa frase del libro che colpisce per la sua spietata verità :”vissuti sentiti come terribili, se non vengono pensati transitano, come boli non digeriti, nella mente della discendenza che si trova a vomitarli a casaccio in giro per il mondo …” (pag.60).
Ci si occupa quindi del mal d’amore che ereditano i figli.
Figli che assorbono il clima di indicibilità, di segreti nella propria famiglia e che poi occultano sentimenti di paura, di rabbia di sofferenza che sono improponibili al mondo esterno, dove invece presentano una maschera di compiacenza, di arrendevolezza e di rassegnazione.
Figli che vivono nella rabbia e nella violenza dei propri genitori e che vengono costretti a scindere le loro radici, nel momento in cui un genitore gli impone di schierarsi dalla sua parte, nella distruzione dell’altro.
In questa guerra senza esclusione di colpi fra i genitori, i figli vivono nell’angoscia che la loro malvagità abbia portato all’eliminazione, nella propria mente, dell’altro genitore e incapaci di narrare la sofferenza di questa scissione, si sentono colpevoli, cercano un castigo, si pongono nella società come bulli, arroganti, violenti per confermare la loro malignità e la loro indegnità di essere amati.
Sono figli che non hanno provato il piacere di sentirsi inclusi nella vita del proprio gruppo familiare e nello stesso tempo non hanno imparato a sopportare una sana  esclusione dalla intimità della coppia genitoriale.
Sono tenuti sulla soglia della circonferenza della sfera familiare, vengono deprivati della possibilità di crearsi un gruppo interno e quindi poi non riescono a far parte di nessun gruppo esterno, scolastico, amicale, sportivo …
Cos’ì il mal d’amore si tramanda nel figlio che ha paura di amare, in quanto è stato respinto, ingannato, abusato da chi gli doveva un amore genuino e gratuito e ora non si fida più di chi lo vuole aiutare, degli educatori, degli psicologi, degli insegnanti, non sa amare e non si sente meritevole di essere amato.
In queste famiglie narcisistiche le individualità dei singoli sono negate, il bisogno dell’altro annulla qualsiasi differenza per cui ci si trova davanti ad una famiglia appiccicosa e impastata dove i singoli membri non sono più distinguibili.
La patologia familiare allora, può emergere quando il figlio in adolescenza cerca di scrollarsi di dosso questa famiglia invischiata, per cercare di costruirsi una propria identità separata dal nucleo originale malato.
Ma questo tentativo del giovane di spezzare legami malati, porta nei suoi confronti un ira furente dei genitori che lo allontanano, lo rigettano e lo usano per incollarsi ancora di più in un tutt’uno genitoriale che si scaglia contro il figlio, unico portatore di patologia.
Altre volte i figli preferiscono mantenere il fardello della malattia mentale su di loro, piuttosto che mettere in difficoltà i genitori che non potrebbero sostenere la separazione di un membro da queste famiglie invischiate.
Queste famiglie narcisistiche vengono descritte, sviscerate con una ridondanza e una gravità sempre maggiore, ne vengono viste le difficoltà nella sfera affettiva, sessuale, relazionale, sociale  in un crescendo di patologia che può culminare con l’uccisione di uno dei coniugi se non addirittura del figlio.
Qua e là tra le pagine però, per fortuna, compare ogni tanto una parola che da un po’ di respiro e un po’ di speranza che è il sapere narrare e narrarsi.
La dove la tragedia edipica caratterizza l’inconscio di queste famiglie, con la sua mistificazione del passato che dà origine ad una falsità relazionale che crea tanto malessere d’amore nel presente, un aiuto concreto per queste famiglie, è quello di aiutarle a narrare la propria storia, a far emergere l’indicibile delle esperienze passate, ricostruire insieme la biografia del proprio gruppo familiare, per slegarsi dalle vicende transgenerazionali e  trovare finalmente un po’ di pace.
È compito degli educatori, degli insegnanti  e di tutti gli operatori che hanno a che fare con giovani sofferenti, decodificare i loro comportamenti problematici e dare loro uno spazio che permetta di sperimentare un nuovo modo di stare in gruppo, dove si rimetta in gioco uno scambio relazionale sano ed empatico.
Ma per aiutare i figli è necessario aiutare anche i genitori a riconoscere l’incastro malsano che li tiene uniti e che fa sì che trasmettano il mal d’amore anche ai loro figli.
Scopo degli operatori quindi, è quello di aiutare i genitori a comprendere la sofferenza dei loro figli attraverso la rielaborazione della loro di sofferenza originale che li ha visti figli maltrattati prima e coniugi insoddisfatti ora.
Mal d’amore è un libro che mette in guardia quindi l’operatore che si occupa di famiglie problematiche e che lo aiuta ad affrontare queste trame intricate che rischiano di risvegliare anche il loro narcisismo ferito, in modo che non si cada anche noi nei tranelli familiari e neanche si diventi una “discarica” passiva, dove viene buttato tutto il malessere che genitori e figli non riescono più a tollerare.

Valeria Stella, psicologa

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Paola Scalari
è psicologa, psicoterapeuta, psicosocioanalista, docente in Psicoterapia della coppia e della famiglia alla Scuola di Specializzazione in Psicoterapia della COIRAG e di Teoria e tecnica del gruppo operativo in ARIELE psicoterapia. Docente Scuola Genitori Impresa famiglia Confartigianato.
Socia di ARIELE Associazione Italiana di Psicosocioanalisi. E’ consulente, docente, formatore e supervisore di gruppi ed équipe per enti e istituzioni dei settori sanitario, sociale, educativo e scolastico.
Cura per Armando la collana Intrecci e per la meridiana la collana Premesse… per il cambiamento sociale, ed è consulente delle riviste Animazione sociale del gruppo Abele, Conflitti del CPPP, Io e il mio Bambino, Sfera-Rizzoli group.
Nel 1988 ha fondato i "Centri età evolutiva" del Comune di Venezia per sostenere la famiglia nel suo compito di far crescere i figli e si è occupata della progettualità del servizio Infanzia Adolescenza della città di Venezia.
Insieme a Francesco Berto ha recentemente pubblicato per le edizioni La Meridiana: "Adesso basta! Ascoltami. Educare i ragazzi al rispetto delle regole." (2004), "Fuggiaschi. Adolescenti tra i banchi di scuola." (2005), "Fili spezzati. Aiutare genitori in crisi, separati e divorziati." (2006), "ConTatto. La consulenza educativa ai genitori." (2008), "Padri che amano troppo." (2009), "Mal d'amore. Relazioni familiari tra confusioni sentimentali e criticità educative." (2011), "A scuola con le emozioni - Un nuovo dialogo educativo" (2012), "Il codice psicosocioeducativo" (2013), "Parola di Bambino. Il mondo visto con i suoi occhi." (2013).

Educare è insegnare ad avere fiducia nel mondo che verrà, a investire positivamente le proprie capacità, a sognare e faticare per realizzare le proprie speranze di vita. Una scuola attiva, formativa, lo sa.
La scuola attiva e formativa è la scuola che tutti noi vorremmo avere per i nostri bambini e ragazzi ma sembra essere lontano anni luce da quello che incontriamo quotidianamente. Prevale una lamentazione diffusa: insegnanti che si lamentano della famiglia dei propri alunni, genitori che difendono tout court i figli e non sembrano comprendere la necessità di un apprendimento basato su aspetti cognitivi, cooperativi ed emotivi. Si trova tanta demotivazione e ancor più rassegnazione, al punto da creare una sorta di imprinting alla rassegnazione anche nei bambini.
Questo libro, curato da Paola Scalari e scritto da insegnanti, pedagogisti, psicologi ed educatori ha il compito da un lato di fare una fotografia critica del presente, dall'altro di proporre buone pratiche per una scuola dell'oggi e del domani. Le buone pratiche sono basate su teorie consolidate ma non ancora applicate in maniera sistematica e consapevole: Bauleo, Pagliarani, Bleger, Freinet, Milani e, per citare il mondo attuale, Canevaro e Demetrio.
Si tratta di pratiche che tengono conto della possibilità di costruire una scuola che aiuti a pensare, dialogare, dar forma. Una scuola basata sull'ascolto, su modalità cooperative, dove bambini e ragazzi possano sentirsi liberi di esprimersi ma anche di prendersi responsabilità in base alle loro competenze. Una scuola che sa mettersi in relazione con i bambini e che sa creare basi per una coesione tra adulti che condividono l'educazione dei figli e degli allievi.
A scuola con le emozioni è rivolo agli insegnanti e ai genitori, ma anche a educatori e psicologi. Com'è il mondo visto con gli occhi del bambino? E' una domanda a cui dovrebbero saper rispondere soprattutto gli educatori dei bambini (oltre che i genitori, auspicabilmente), le maestre e i maestri di vari livelli, coloro che sono impegnati a far crescere i piccoli, ad indicare loro la strada per diventare adulti, per imparare a vivere. Una bella risposta alla domanda è contenuta nel libro "Parola di bambino" scritto da Paola Scalari e Francesco Berto, edizioni la meridiana (premesse... per il cambiamento sociale). La collana, per altro, è curata dalla stessa Paola Scalari che venerdì 14 alle 18 sarà alla libreria Einaudi di Trento in piazza della Mostra.

"Il conflitto che i bambini esprimono con le loro paure richiede l'amore di tutta la nostra intelligenza", scriveva lo psicanalista Luigi Pagliarani negli anni Novanta. Fondatore e presidente di ARIELE (Associazione Italiana di Psicosocioanalisi), Pagliarani, ha lasciato una profonda traccia del suo pensiero tanto che, molti dei suoi, allievi, ora psicanalisti e psicoterapeuti, hanno costituito la Fondazione a lui dedicata (www.luigipagliarani.ch). Fra questi Carla Weber che, venerdì 14, sarà in conversazione con Paola Scalari, co-autrice del libro. Suddiviso in quattro parti, "Alfabetizzazione sentimentale" la prima, "Chiamale emozioni" la seconda, "Il legame familiare" la terza e "Immagini spontanee, volare in alto" la quarta, "Parola di bimbo" non racconta, evoca, "mobilita cioè, poeticamente, la condizione di figlio che è l'elemento unificante l'umanità". Per gli studiosi che fanno riferimento a Luigi Pagliarani, gli autori del libro e coloro che fanno parte dell' associazione "Ariele", oltrecché della Fondazione, "la possibilità di ogni bambino di costruire un buon legame con sé stesso e con il mondo esterno va iscritta nei rapporti tra genitori, nei vincoli tra famiglie, nel tessuto vitale di un territorio, nell'attenzione creativa del mondo scolastico e nelle buone offerte del tempo libero". Sostengono gli autori del libro che "un adulto significativo nella crescita dei minori sa rimanere in contatto con la parte piccola, sensibile, fragile, incompiuta di se stesso". Solo così è possibile riconoscere ed identificarsi con le fatiche emotive dei bambini e aiutare il piccolo a "mettere in parole le emozioni". Non un percorso facile perché presuppone, da parte dell'adulto, la capacità di instaurare un livello comunicativo fra sé e il piccolo, visibile e invisibile, fra la mente di chi è già formato e la psiche di chi deve ancora formarsi. Una sfida bella, premessa necessaria per un mondo umano più equilibrato e meno sofferente. Il libro è il risultato di una ricerca sul campo fatta con i bambini e, nelle pagine sono contenute anche le loro osservazioni, le riflessioni su alcune questioni poste dall'educatore. Una postfazione di Luigi Pagliarani contribuisce a centrare ancor più il tema perché i due verbi da coniugare in ambito educativo sono "allevare e generare. Il grande - che sa ed ha - con l'allevare dà al piccolo quel che non sa e non ha. Qui c'è una differenza di statura. Nel generare questa differenza sparisce. Tutti contribuiscono a mettere al mondo, a far nascere quel che prima non c'era...". Un libro utile a educatori, genitori e adulti che vogliano rapportarsi con successo con i piccoli.