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Commenti

  • Paola Biasin ha scritto Altro
    Essere genitori e non amarsi: difficile!... Domenica, 14 Giugno 2015
  • Emanuela ha scritto Altro
    Siamo messi male
    Oh come mi... Venerdì, 05 Dicembre 2014
  • Renata ha scritto Altro
    Perchè stupirci?
    E' un problema quello... Domenica, 24 Novembre 2013
  • Marcella ha scritto Altro
    Speranza
    Neppure la giornata sui diritti... Sabato, 23 Novembre 2013
  • Paola Scalari ha scritto Altro
    Dare voce
    Chi è Educatore ha espresso... Sabato, 23 Novembre 2013
  • Domenico ha scritto Altro
    Ragazze Invisibili
    Una brutta,... Mercoledì, 20 Novembre 2013
  • Michela ha scritto Altro
    Io penso...
    Nel film "Il ladro di... Lunedì, 18 Novembre 2013
Presto si torna a sedersi sui banchi di scuola. I ritmi cambiano. Finisce il tempo vuoto dell'estate riempito da giochi, escursioni, amici, chiacchiere e.. qualche compito per casa. Adesso è il tempo della scuola ad occupare la giornata.
Ma non solo. Rimane un tempo libero che, proprio perché la scuola italiana è fondata sul lavoro cerebrale e poco o niente sulla valorizzazione del corpo, dell'attività fisica, del gioco all'aperto viene frequentemente occupato da attività di tipo motorio.
Ai bambini e ai ragazzi fanno bene (contrastano l'obesità dilagante dovuta al poco spazio di movimento e li rendono meno impacciati) e piacciono (rompono lo stile di lavoro scolastico basato sul profitto e distraggono). Sono dunque un'occasione per speriementarsi in abilità che, spesso, la scuola non premia.
Per questo è importante che ogni ragazzo possa trovare il suo gioco, la sua passione, l'attività che lo soddisfa maggiormente.
Si tratta di fare una scelta, di optare per una cosa lasciandone perdere molte altre. Ed oggi questa è la complessità del nostro vivere quotidiano.
Dobbiamo muoversi tra più chance.
EDUCARE I RAGAZZI A SCEGLIERE è DUNQUE UN'AZIONE FORMATIVA IMPORTANTE.
Il tempo libero, non essendo un tempo obbligato come quello scolastico, allena dunque questa capacità.
La scelta va condivisa con i familiari, valutata sul piano dell'impegno settimanale ed eventualmente nei fine settimana dovuta a tornei o gare.
È buona cosa occupare il tempo fuori dell'orario scolastico, ma è stressante averlo tutto riempito senza poter godere di pause salutari.
I bambini debbono imparare anche ad oziare e a "farsi compagnia" quando sono senza stimoli esterni. Devono inventarsi giochi e passatempi per sviluppare il "Muscolo Mentale" del pensiero.
Quindi fare uno schema della settimana e garantire al bambino anche del tempo senza compiti e finalità prefissate.

Come scegliere?
Intanto tenendo conto che i ragazzini esplorano questo mondo e devono "assaggiare" più possibilità. Quindi evitando che, poiché lo scorso anno si è dedicato al calcio o alla danza ritmica, anche in questo anno "debba" continuare.
Spesso questo atteggiamento è dovuto a dei genitori che sognano il campione. Mamma e papà vorrebbero che i figli potessero emergere in quello sport. E allora li sforzano a seguire un'attività per anni. Ma questa forzatura per formare il "campioncino" diventa un'altra scuola, anche più dura e meno educativa....
I ragazzi hanno invece bisogno di giocare con il corpo. E se cambiano sport è meglio perché ogni attività allena muscoli diversi, abitua alla dimensione della squadra o alla responsabilità individuale, mette in pista strategie e sforzi diversi.

Le alternative
Qualche volta i ragazzi sono meno portati a svolgere dell'attività fisica e allora preferiscono il gioco libero per muoversi e scelgono qualche altra passione per divertirsi dopo la scuola. Divertirsi significa divergere, cioè uscire dalla modalità consueta. Allora andare a scuola di scacchi o appassionarsi all'attività scoutistica, mettersi a studiare uno strumento o frequentare un coro divengono occasioni per distrarsi e imparare.
I genitori hanno l'unico obiettivo di assecondare, accompagnare, mettere a disposizione occasioni a seconda anche delle loro possibilità economiche, di tempo da dedicare per accompagnare e andare a prendere il figlio, la distanza da casa...
Devono evitare con cura, ancora una volta, di immaginare il figlio o la figlia come un leader del settore.
La vita non è essere i primi, ma saper giocare.

Cosa fare?
I genitori possono anche indirizzare i loro figli conoscendone le doti e avendo una gamma di informazioni più ampia del bambino su come potrebbe occupare il suo tempo libero.
Il ragazzino timido può trovare "forza" dal praticare un'arte marziale.
Il ragazzino competitivo può essere "frenato" da un'attività di squadra.
Il ragazzino leader può doversi "cimentare" in navigazioni solitarie.
Il ragazzino iperattivo può "calmarsi" grazie ad un allenatore carismatico.
Il ragazzino che passa molte ore da solo perché i genitori sono al lavoro può "socializzare" frequentando un centro di aggregazione.
Non si sceglie quindi tanto lo sport o l'attività di moda quanto lo spazio che possa essere più educativo per il bambino.
Per questo va valutata l'esigenza formativa del ragazzo e non l'attitudine agonistica.

Formare nel tempo libero
Il tempo libero è un tempo formativo poiché vi è sempre un adulto che conduce l'esperienza e questo personaggio sarà o meno un Maestro di Vita. Il più delle volte infatti conta il fascino di chi conduce l'esperienza, la sua capacità di entrare in relazione con i ragazzi oltre che il suo poter esibire abilità specifiche ad alto livello. I bambini hanno bisogno di adulti competenti a cui riferirsi e quindi il saper fare dell'allenatore diventa cruciale per appassionarsi a quella specifica attività.
I genitori allora è bene che lo conoscano e cerchino di presentargli il figlio con le sue esigenze relazionali in modo che chi conduce l'esperienza possa tenerne conto.
I diversi luoghi dove i ragazzi passano il tempo libero non sono "vivai" per squadre a corto di promesse, ma spazi dove lo stare insieme fa crescere, maturare, evolvere.

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Paola Scalari
è psicologa, psicoterapeuta, psicosocioanalista, docente in Psicoterapia della coppia e della famiglia alla Scuola di Specializzazione in Psicoterapia della COIRAG e di Teoria e tecnica del gruppo operativo in ARIELE psicoterapia. Docente Scuola Genitori Impresa famiglia Confartigianato.
Socia di ARIELE Associazione Italiana di Psicosocioanalisi. E’ consulente, docente, formatore e supervisore di gruppi ed équipe per enti e istituzioni dei settori sanitario, sociale, educativo e scolastico.
Cura per Armando la collana Intrecci e per la meridiana la collana Premesse… per il cambiamento sociale, ed è consulente delle riviste Animazione sociale del gruppo Abele, Conflitti del CPPP, Io e il mio Bambino, Sfera-Rizzoli group.
Nel 1988 ha fondato i "Centri età evolutiva" del Comune di Venezia per sostenere la famiglia nel suo compito di far crescere i figli e si è occupata della progettualità del servizio Infanzia Adolescenza della città di Venezia.
Insieme a Francesco Berto ha recentemente pubblicato per le edizioni La Meridiana: "Adesso basta! Ascoltami. Educare i ragazzi al rispetto delle regole." (2004), "Fuggiaschi. Adolescenti tra i banchi di scuola." (2005), "Fili spezzati. Aiutare genitori in crisi, separati e divorziati." (2006), "ConTatto. La consulenza educativa ai genitori." (2008), "Padri che amano troppo." (2009), "Mal d'amore. Relazioni familiari tra confusioni sentimentali e criticità educative." (2011), "A scuola con le emozioni - Un nuovo dialogo educativo" (2012), "Il codice psicosocioeducativo" (2013), "Parola di Bambino. Il mondo visto con i suoi occhi." (2013).

Educare è insegnare ad avere fiducia nel mondo che verrà, a investire positivamente le proprie capacità, a sognare e faticare per realizzare le proprie speranze di vita. Una scuola attiva, formativa, lo sa.
La scuola attiva e formativa è la scuola che tutti noi vorremmo avere per i nostri bambini e ragazzi ma sembra essere lontano anni luce da quello che incontriamo quotidianamente. Prevale una lamentazione diffusa: insegnanti che si lamentano della famiglia dei propri alunni, genitori che difendono tout court i figli e non sembrano comprendere la necessità di un apprendimento basato su aspetti cognitivi, cooperativi ed emotivi. Si trova tanta demotivazione e ancor più rassegnazione, al punto da creare una sorta di imprinting alla rassegnazione anche nei bambini.
Questo libro, curato da Paola Scalari e scritto da insegnanti, pedagogisti, psicologi ed educatori ha il compito da un lato di fare una fotografia critica del presente, dall'altro di proporre buone pratiche per una scuola dell'oggi e del domani. Le buone pratiche sono basate su teorie consolidate ma non ancora applicate in maniera sistematica e consapevole: Bauleo, Pagliarani, Bleger, Freinet, Milani e, per citare il mondo attuale, Canevaro e Demetrio.
Si tratta di pratiche che tengono conto della possibilità di costruire una scuola che aiuti a pensare, dialogare, dar forma. Una scuola basata sull'ascolto, su modalità cooperative, dove bambini e ragazzi possano sentirsi liberi di esprimersi ma anche di prendersi responsabilità in base alle loro competenze. Una scuola che sa mettersi in relazione con i bambini e che sa creare basi per una coesione tra adulti che condividono l'educazione dei figli e degli allievi.
A scuola con le emozioni è rivolo agli insegnanti e ai genitori, ma anche a educatori e psicologi. Com'è il mondo visto con gli occhi del bambino? E' una domanda a cui dovrebbero saper rispondere soprattutto gli educatori dei bambini (oltre che i genitori, auspicabilmente), le maestre e i maestri di vari livelli, coloro che sono impegnati a far crescere i piccoli, ad indicare loro la strada per diventare adulti, per imparare a vivere. Una bella risposta alla domanda è contenuta nel libro "Parola di bambino" scritto da Paola Scalari e Francesco Berto, edizioni la meridiana (premesse... per il cambiamento sociale). La collana, per altro, è curata dalla stessa Paola Scalari che venerdì 14 alle 18 sarà alla libreria Einaudi di Trento in piazza della Mostra.

"Il conflitto che i bambini esprimono con le loro paure richiede l'amore di tutta la nostra intelligenza", scriveva lo psicanalista Luigi Pagliarani negli anni Novanta. Fondatore e presidente di ARIELE (Associazione Italiana di Psicosocioanalisi), Pagliarani, ha lasciato una profonda traccia del suo pensiero tanto che, molti dei suoi, allievi, ora psicanalisti e psicoterapeuti, hanno costituito la Fondazione a lui dedicata (www.luigipagliarani.ch). Fra questi Carla Weber che, venerdì 14, sarà in conversazione con Paola Scalari, co-autrice del libro. Suddiviso in quattro parti, "Alfabetizzazione sentimentale" la prima, "Chiamale emozioni" la seconda, "Il legame familiare" la terza e "Immagini spontanee, volare in alto" la quarta, "Parola di bimbo" non racconta, evoca, "mobilita cioè, poeticamente, la condizione di figlio che è l'elemento unificante l'umanità". Per gli studiosi che fanno riferimento a Luigi Pagliarani, gli autori del libro e coloro che fanno parte dell' associazione "Ariele", oltrecché della Fondazione, "la possibilità di ogni bambino di costruire un buon legame con sé stesso e con il mondo esterno va iscritta nei rapporti tra genitori, nei vincoli tra famiglie, nel tessuto vitale di un territorio, nell'attenzione creativa del mondo scolastico e nelle buone offerte del tempo libero". Sostengono gli autori del libro che "un adulto significativo nella crescita dei minori sa rimanere in contatto con la parte piccola, sensibile, fragile, incompiuta di se stesso". Solo così è possibile riconoscere ed identificarsi con le fatiche emotive dei bambini e aiutare il piccolo a "mettere in parole le emozioni". Non un percorso facile perché presuppone, da parte dell'adulto, la capacità di instaurare un livello comunicativo fra sé e il piccolo, visibile e invisibile, fra la mente di chi è già formato e la psiche di chi deve ancora formarsi. Una sfida bella, premessa necessaria per un mondo umano più equilibrato e meno sofferente. Il libro è il risultato di una ricerca sul campo fatta con i bambini e, nelle pagine sono contenute anche le loro osservazioni, le riflessioni su alcune questioni poste dall'educatore. Una postfazione di Luigi Pagliarani contribuisce a centrare ancor più il tema perché i due verbi da coniugare in ambito educativo sono "allevare e generare. Il grande - che sa ed ha - con l'allevare dà al piccolo quel che non sa e non ha. Qui c'è una differenza di statura. Nel generare questa differenza sparisce. Tutti contribuiscono a mettere al mondo, a far nascere quel che prima non c'era...". Un libro utile a educatori, genitori e adulti che vogliano rapportarsi con successo con i piccoli.